di Jesko Perrey, Dennis Spillecke e Andris Umblijs

Al giorno d’oggi, la canzone giusta per conquistare il mercato potrebbe essere qualcosa di peggio che la celebre “Under Pressure” dei Queen. Il mercato è sotto pressione in quanto deve mostrare dei risultati, tagliare i costi e guidare la crescita, e i venditori dovrebbero accettarlo di buon grado. Questa è la ragione per cui il marketing ha la grande opportunità di guidare la crescita oltre il mercato e dimostrare il proprio valore a dirigenti e amministratori. A nostro avviso, grazie al marketing si ha la possibilità di incrementare il tasso di ROI (MROI, Massimo Ritorno sugli Investimenti) del 15 – 20%. Questa percentuale farebbe girare la testa a molti dirigenti.

Ma, in che modo? L’esplosione dei dati personali e le tecniche di analisi disponibili oggigiorno hanno reso il marketing una scienza ancor più esatta.

Questa immensa fonte di dati creata dalla rivoluzione digitale, tuttavia, ha sollevato un grosso problema per i venditori: il fatto che i dati e le tecniche analitiche siano disponibili, non significa che essi offrano uno spettro completo dei fenomeni. Questo è ciò di cui parlava Albert Einstein quando affermava: “Non tutto ciò che può essere contato, conta”.

Lacune

Le scelte dei consumatori sono influenzate anche da numerosi stimoli al di fuori del mondo digitale (per esempio spot pubblicitari). Questo dà come risultato una serie di problemi, non ultimi tra questi, la errata attribuzione di causa-effetto dovuta alla tendenza a valutare ciò che si può facilmente valutare, per esempio far credito anche quando non è necessario.

Una compagnia energetica, per esempio, ha osservato che la propria perdita di clienti era strettamente correlata alla percentuale di ricerche su Google di un fornitore di energia. Così, è stato creato un modello econometrico riguardante la perdita di clienti e proprio il sistema di ricerca si è rivelato responsabile nel 65% dei casi. In seguito, tuttavia, una profonda analisi ha mostrato che la decisione di cambiare il fornitore di energia era dovuta ai prezzi dell’azienda stessa e dei competitori, alla pubblicità e alla posizione della compagnia all’interno dei social media, TV, stampa e altri mass media. Dal momento che tutti questi elementi aggiuntivi ed esplicatori erano compresi nel modello, risultava evidente che la ricerca non era la vera causa della perdita, poiché i clienti avevano già preso la loro decisione al momento della ricerca.

Più di recente, abbiamo assistito alle lamentele di molte compagnie riguardo alla capacità degli strumenti analitici di fornire un set di risposte efficaci a qualsiasi domanda nel campo del marketing. A nostro avviso, è difficile confermare queste lamentele nel mondo reale. La soluzione più efficace consiste nel possedere la giusta combinazione di strumenti e capacità e, allo stesso tempo, sapere ciò che essi sono e non sono in grado di fare.

Superare l’idea di “scadenza a breve termine”

Una delle questioni più importanti che i venditori debbono prendere in considerazione è la tendenza a ricorrere alla scadenza a breve termine, che la maggior parte delle analisi implica. In realtà, molte delle attività di marketing hanno sia un impatto immediato che uno più duraturo sulla vendita. L’impatto immediato è responsabile, in media, del 10-30% della vendita totale, mentre l’impatto a lungo termine (chiamato anche “impatto base” o impatto di costruzione del brand) ha un effetto di 1-3 volte maggiore rispetto a quello immediato. Tuttavia, un approccio analitico basato su un’ampia fonte di dati come, ad esempio, il modello di attribuzione econometrico e digitale, può mettere in luce solo l’impatto immediato sul mercato. Questo significa, in pratica, che la maggior parte dei dati offre ai venditori un quadro dell’impatto immediato e li spinge di conseguenza a compiere scelte dello stesso tipo, che sono dannose per le vendite con impatto a lungo termine.

Partendo da questo presupposto, i venditori dovrebbero sostituire i loro modelli Big Data con un’analisi dell’effetto azionario a lungo termine del marchio responsabile del rimanente 70-90% delle vendite. Senza un investimento continuo sul marchio, la percentuale dell’impatto base si erode nel tempo e origina un effetto contrario alle vendite future.

Per comprendere gli effetti a lungo termine, le aziende devono per prima cosa fissare una linea di riferimento per la stima del potenziale declino nelle vendite a lungo termine nel caso in cui tutte le attività di marketing fossero bloccate. Un buon inizio è rivedere gli investimenti di marketing e i risultati del marchio di diverse multinazionali all’interno di una regione, dal momento che questo dato fornisce un utile prospetto di dati precisi riguardanti l’impatto della “perdita del marchio” (es.: la percentuale della perdita derivante dalle vendite a lungo termine). Questa stima deve poi essere testata e adeguata sistematicamente a partire dalla situazione della società, sfruttando l’esperienza e il giudizio del marketing e dei manager delle vendite, così come altri dati interni (per esempio, le indagini sui clienti).

Queste stime possono quindi aiutare a determinare il Valore Attuale Netto (NPV) degli effetti a lungo termine del marketing in termini di vendite future. Questo NPV consente ai venditori di capire meglio le implicazioni a lungo termine del marketing, oltre all’impatto a breve termine, attraverso dei Big Data, e fornisce un aiuto nel caso servano compromessi per decisioni riguardanti le spese. Anche se questa non è una scienza perfetta, è forse meglio essere “più o meno giusti” piuttosto che “completamente sbagliati”.

Un marchio di consumo alimentare è quasi caduto in questa trappola: ha lanciato una campagna pubblicitaria utilizzando Facebook, concorsi, blog sponsorizzati, incentivi di photo-sharing, condividendo perfino applicazioni di shopping list. Un approccio di questo tipo, che offre risultati di vendita simili a quelli generati dal marketing più tradizionale (che comprende un’intensa campagna pubblicitaria televisiva e di stampa), ha reso la metà del suo costo normale.

Visto il successo travolgente di questo tentativo, il marchio ha spostato le ingenti spese della campagna pubblicitaria televisiva e di stampa ai canali media digitali e sociali. Nonostante gli effetti a lungo termine fossero stati inclusi nei calcoli, la percentuale dell’impatto del digitale risultava dimezzata perché la maggior parte delle attività digitali (ricerca, visualizzazione, ecc.) ha generalmente un impatto a breve termine e contribuisce scarsamente alla costruzione del marchio e della fedeltà dei consumatori. Significativi tagli alla spesa pubblicitaria legata alla TV, come suggerito dai modelli econometrici tradizionali, avrebbero ridotto il valore attuale netto dell’utile del marchio.

L’analisi di marketing è ben lungi dall’essere un approccio concreto. In realtà è un insieme di approcci e tecniche che, se applicato sistematicamente ad uno specifico insieme di problemi, fornisce spunti utili per fare degli investimenti redditizi nel marketing. L’ultima ondata di dati, combinati con i modelli giusti, può risultare la carta vincente, ma i venditori più scaltri continueranno comunque a spendere gran parte del loro tempo alla ricerca delle lacune nei loro dati.

Libera traduzione dell’articolo di Jesko Perrey, Dennis Spillecke e Andris Umblijs, tratto da http://blogs.hbr.org